venerdì 4 aprile 2014

Peter Pan, J.M. Barrie

Quando il primo bambino rise per la prima volta, la sua risata si sbriciolò in migliaia di frammenti che si sparpagliarono qua e là. Fu così che nacquero le fate.

Peter Pan non voleva crescere. E a forza di girovagare per i giardini di Kensington, giocando con fate e volando con gli uccelli, quando finalmente si decide a tornare in volo a casa della sua mamma, trova la finestra chiusa e la vede dare il bacio della buonanotte ad un altro bambino. Peter capisce quindi che non c'è più alcun posto per lui nel mondo e torna a Neverland.
La seconda parte del romanzo si apre molto tempo dopo, non sappiamo quando, ma è chiaro che Peter non è invecchiato di un solo giorno. Una notte, durante uno dei suoi vagabondaggi per i cieli di Londra, la sua ombra viene intrappolata in un cassetto di casa Darling. Lì, come nella storia Disney che tutti conosciamo, conosce la piccola Wendy e i suoi fratelli, e decide che lei sarebbe stata una madre perfetta per i suoi compagni di scorribande, i Bambini Sperduti.
Neverland è un'isola piena di meraviglie e portentosi personaggi: sirene, fate, indiani e pirati, costantemente in guerra tra loro. I pirati, in particolare, ordiscono un'ingeniosa trappola per uccidere i bambini Sperduti e Peter Pan: un'enorme, fumante, crostata ripiena di veleno. Ma Wendy, come tutte le mamme, non permette ai bambini di mangiarla: si sa, le crostate appena sfornate non vanno assaggiate!

Non mi soffermo oltre sulla trama, perchè essenzialmente la versione animata non si discosta in maniera eccessiva (Giglio Tigrato sullo scoglio, il coccodrillo, Capitan Uncino e i suoi dubbi esistenziali!)
Il finale, invece, ha un retrogusto amaro.
Dopo il ritorno di Wendy, dei fratelli e dei Bambini Sperduti a Londra, Peter promette di tornare una volta all'anno, e così fa per molto tempo, finché, un giorno, semplicemente non torna più. Gli anni passano, i bambini prendono strade diverse e diventano uomini adulti e disincantati. Wendy diventa donna e madre. I ricordi d'infanzia sono affievoliti ormai, e le avventure passate a Neverland sono poco più che un vago sogno.
Una notte, Peter bussa alla finestra della stanza in cui dorme la figlia di Wendy e, inconsapevole di quanto tempo sia passato, la scambia per la vecchia amica, la prende per mano e vola con lei a Neverland. Tra le lacrime, Wendy li vede volare fuori dalla finestra, e capisce che Peter non è mai stato un sogno. E che la storia si ripeterà. Per l'eternità.

A me, confesso, anche se grande e femminuccia, il romanzo è piaciuto tantissimo. Anzi, devo dire che l'ho trovato anche piuttosto dark. Il personaggio di Peter è ispirato al fratello di Barrie, morto giovanissimo per un incidente. Ed effettivamente i riferimenti alla morte sono frequenti e spesso palesi. E non è un caso che i suoi compagni di avventure, i Bambini Sperduti, siano bambini caduti dalle carrozzine nel parco di Kensington, che non vengono reclamati per una settimana, e giungono così a Neverland. Peter quindi si circonda di bambini effettivamente morti per il mondo, perché lui stesso è morto. Puro come un infante, ancora con i denti da latte, non si rende nemmeno conto delle attenzioni che gli dedicano Campanellino, Wendy e Giglio Tigrato, convinto com'è che una figura femminile sia esclusivamente una madre, o un surrogato di madre. Nella sua innocenza e ingenuità, Peter non conosce il concetto di limite, né di prudenza. Tutto è un gioco. E, come il nome Pan suggerisce, è senza dubbio un personaggio dionisiaco. Neverland stessa viene descritta in termini inusuali, quasi medici.
Forse non avete mai visto la pianta della mente di un uomo. I medici talvolta disegnano piante di altre parti del corpo, anche del vostro, e la vostra pianta personale può risultare interessante, per voi. Provare a dire loro di tracciare la pianta della mente di un bambino, che, non solo, è confusa, ma è in, continuo movimento. Difficilmente ci riescono. Vi sono linee a zig-zag come quelle che segnano la vostra temperatura su una tabella clinica e con ogni verosimiglianza rappresentano le vie di un’isola. Infatti l’Isolachenoncè è, più o meno, un’isola con meravigliose macchie di colore, qua e là, e banche di corallo, e vascelli pirata al largo, e selvagge tane solitarie, e gnomi che per lo più esercitano il mestiere di sarto.

Ci si potrebbe anche soffermare sul personaggio di Wendy, perfetta bambina vittoriana, ma vorrei concludere qui con una curiosità collaterale: Wendy viene ferita a morte, tratta in inganno da Campanellino, e precipita a terra, senza vita. Peter, memore di un'avventura vissuta nei giardini di Kensington (che si trova nella prima parte del romanzo) le costruisce una casetta intorno, e Wendy ne esce completamente guarita. In inglese, Wendy House è il nome con cui vengono chiamate le case giocattolo per bambini.

Ho trovato anche un interessante articolo scritto da Silvana De Mari, giù autrice di L'ultimo elfo, che potete leggere qui.

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